Selinunte
Dalla costa nord, provenendo da Palermo o da Trapani e passando dallo snodo autostradale di Castellammare del Golfo in direzione Mazara del Vallo, potete raggiungere in poco più di un’ora un luogo straordinario della costa sudoccidentale, nel territorio del comune di Castelvetrano. È il parco archeologico di Selinunte, uno dei più vasti del Mediterraneo.

Aggirandovi al suo interno, non vi troverete davanti soltanto dei ruderi, ma proverete la sensazione di trovarvi dentro una città greca del V secolo a. C., di cui sono riconoscibili i templi, ma anche le mura, l’acquedotto, le strade, le necropoli e le piccole case dove vivevano gli abitanti. Vi colpirà soprattutto questa visione d’insieme, in una campagna siciliana odorosa di nepitella e di altre erbe mediterranee, alta su una spiaggia dorata bagnata dal mare che guarda l’Africa.
È appunto a un’erba, il prezzemolo selvatico, in greco sèlinon, che si deve il nome della città, edificata nel VII secolo a. C.
Selinunte fu ricca e potente, tanto da fondare anche una colonia, Eraclea Minoa (altro sito, non lontano, da visitare); ma la sua gloria ebbe vita breve, solo 240 anni. Fondata nel 650 a.C., nel 409 a. C. cadde sconfitta dall’alleanza fra Segesta - con cui aveva sempre avuto un’accesa rivalità - e i Cartaginesi.
Gli scavi nel sito furono iniziati da studiosi inglesi, consapevoli della sua importanza, fin dall’inizio dell’Ottocento. La vera e propria istituzione del Parco archeologico, negli anni Sessanta del Novecento, si deve invece alla passione e all’intelligenza del siciliano Vincenzo Tusa.
La topografia di Selinunte è molto articolata. La città è fra due fiumi (il Modione-Selino a ovest e il Cottone a est), su due alture unite da un istmo: su quella più vicina al mare si trova l'acropoli, caratterizzata dall'incrocio di due strade principali e dai templi identificati con le lettere A, B, C, D, O; sull’altra i resti delle case di abitazione due necropoli.
Altre importanti vestigia si trovano ai lati di queste zone centrali, oltre i fiumi: a est vi sono i tre templi più grandi - E, dedicato a Hera, F e G, il più esteso, dedicato forse ad Apollo - e un’altra necropoli; a ovest vi sono invece un santuario dedicato a Demetra – detto della Malophòros, cioè della portatrice di mele - e la necropoli più antica. I due porti che la città aveva si trovano in corrispondenza delle foci dei fiumi.
Interessantissime da visitare, una decina di chilometri a ovest di Selinunte, le Cave di Cusa, da cui i Selinuntini ricavavano gli enormi blocchi di pietra necessari alla costruzione delle colonne dei templi. L’impressione che si prova è che le pietre già tagliate a forma cilindrica siano state lasciate lì nel bel mezzo del lavoro, come per un’improvvisa necessità di fuggire, in attesa di poter tornare a prenderle.

Un’appendice assolutamente necessaria della visita a Selinunte è quella al museo civico di Castelvetrano, dove è ospitato il famoso Efebo ritrovato nell’Ottocento fra le rovine del parco archeologico. L’Efebo di Selinunte è un giovinetto slanciato dalla vita sottile colto nell’atto di offrire libagioni , una statua bronzea di squisita fattura, realizzata fra il 480 e il 460 a. C., che di certo vale la pena di vedere.
Per ammirare invece molte delle ceramiche e dei materiali scultorei ritrovati, fra cui le bellissime metope del tempio E, bisogna recarsi al Museo archeologico Salinas di Palermo, dove sono custoditi veri e propri tesori della Sicilia antica.
Sotto l’acropoli si può fare un bellissimo bagno nelle acque fredde e tonificanti che caratterizzano il mare sulla costa sud della Sicilia, sulla spiaggia di Marinella, una lunga distesa di sabbia dorata che si estende fino alla riserva naturale della foce del Belice.