Agrigento è famosa nel mondo per la sua Valle dei templi, imponente testimonianza della Sicilia greca e patrimonio dell’umanità per l’Unesco. Quando il suo nome era Akragas, Pindaro la considerò “la città più bella fra i mortali”.

Storia

Il parco archeologico oggi esistente, di ben 1300 ettari, è il più ricco del Mediterraneo, con dieci templi dorici, santuari, necropoli e la sensazione che ovunque si scavi possano venire fuori antiche testimonianze. Ma il luogo non è solo un inestimabile patrimonio archeologico: la sua magia è l’integrazione delle antiche rovine con il paesaggio, la continuità fra le forme e il colore dei templi e quelli delle colline, l’affacciarsi del verde degli ulivi fra i colori dorati delle pietre, la fioritura dei mandorli in primavera, l’odore di piante officinali portato dalle folate di vento, lo sfondo del mare.

La Kolymbetra

Nel punto più basso del paesaggio collinare su cui si alzano i templi, poi, c’è "Una piccola valle che, per la sua sorprendente fertilità, somiglia alla valle dell’Eden o a un angolo della Terra promessa", scrisse l’Abate di Saint Non, nel 1778, del

 giardino della Kolymbetra, che si estende per circa cinque ettari ed è un tripudio di piante mediterranee: agrumi, carrubi, pistacchi, gelsi, noci, melograni, ulivi, mirti, allori, lentischi, euforbie, ginestre, palme nane. La Kolymbetra non è solo un gioiello paesaggistico, ma essa stessa è una testimonianza archeologica, con ipogei e acquedotti del V secolo a. C. che alimentavano un’antica grande piscina in grado di approvvigionare la città. Anche il commissario Montalbano di Andrea Camilleri ne è rimasto incantato: ne “La pazienza del ragno” si legge: "Ho scoperto un posto meraviglioso, sai? Si chiama Kolymbetra. Pensa, prima era una vasca gigantesca, scavata dai prigionieri cartaginesi".
 "Dov'è?" chiese Montalbano
 "Proprio lì, ai templi.”

The Temple of Concordia in Agrigento

I templi dell'antica Akragas

La collina dei templi è a sud della città attuale, verso il mare, mentre l’antica acropoli era nel punto più alto della città di oggi, la Rupe Atenea, ed è stata inghiottita dalla moderna Agrigento. Fra questi due livelli, cinque terrazzamenti in cui si stendeva l’abitato. La fortuna dell’antica Akragas, fondata nel 581 a.C. dai coloni Rodii e Cretesi della vicina Gela, ebbe il suo culmine nel V secolo a. C., in cui furono eretti i magnifici templi dorici della collina sud; nel 406 la città fu conquistata dai Cartaginesi e con l’ultima guerra punica passò ai Romani, che nel 210 a.C. vi si insediarono, cambiandone il nome in Agrigentum.

Tutta la passeggiata archeologica è straordinaria, ma ci sono due templi che sono veri e propri simboli della Valle.

Il tempio della Concordia è rimasto il più integro: vedendolo da una certa distanza non dà l’impressione della rovina ma della permanenza nel tempo. Il suo basamento segue l'inclinarsi della collina, creando quella sensazione di continuità fra natura e cultura così tipica di questi luoghi. La sua ora più bella è al crepuscolo, quando si accendono le luci che lo illuminano e i colori del tramonto gli fanno da sfondo. Del tempio dei Dioscuri rimangono solo quattro colonne: è un piccolo tempio, ma uno dei più fotografati dai visitatori, perché quelle quattro colonne sono rimaste in piedi in maniera suggestiva, proprio secondo l’immagine mentale che abbiamo di un’antica rovina greca. Importantissimi anche il Tempio di Giunone, il Tempio di Ercole e il Tempio di Giove, ma vi è molto altro, come il Quartiere Ellenistico Romano con resti di ville patrizie dai mosaici perfettamente conservati. Vicino a questo, il Museo archeologico, il museo più visitato della Sicilia, con reperti che testimoniano la storia delle civiltà che fiorirono sull’area: statuette, urne funerarie, monete d’oro, monili, ricostruzioni di piante antiche, utensili di vita quotidiana e armi. Vi si rimane impressionati, anche, dall’imponenza di un Telamone, una delle gigantesche statue che reggevano il frontone del mastodontico Tempio di Zeus, uno dei tre templi più grandi dell’intero mondo greco.

Il centro storico della città oggi

Furono gli Arabi che ricostruirono la città sulla collina dove un tempo era l’Acropoli, con stradine e cortili che somigliano molto a quelli delle città del nord Africa. Le viuzze convergono verso la Via Atenea, la più importante arteria della città, su cui si affacciano edicole sacre, bei palazzi e chiese che spesso presentano una stratificazione di stili, accumulata nei secoli. Fra queste, il duomo normanno-gotico fondato alla fine dell’XI secolo e ampliato fino al XVII.

Nel centro storico esistono ancora piccole osterie dove si servono vino, sarde salate e olive, ma naturalmente si fa anche shopping e si trovano locali meno caratteristici ma confortevoli dove fare colazione, prendere il gelato o l’aperitivo, pranzare o cenare.

The rocky cliff of Scala dei Turchi

San Leone

È il più rinomato e frequentato lido balneare della città: chilometri di spiagge libere e di sabbia finissima. Nei chioschi in riva al mare si prende il gelato e a sera si aprono i piano bar e i caffè concerto.

Per i più giovani vi sono locali dove potere ballare fino a notte alta.

La casa di Pirandello

A circa quattro chilometri dal centro e a due dalla Valle dei Templi, sorge la casa che, nel 1867, diede i natali a Luigi Pirandello, drammaturgo famoso in tutto il mondo e Premio Nobel nel 1934.

Non ha particolari pregi architettonici, ma è diventata meta di studiosi e di turisti per le testimonianze e i ricordi che ancora rendono viva la presenza dell’autore.

La Festa di San Calogero

Per il colore della sua pelle è il "Santo Nero". Durante la processione gli si lanciano delle pagnottelle di pane e ad ogni fermata i devoti abbracciano e baciano il santo, invocando grazie. La festa dura dalla prima alla seconda domenica di luglio ed è molto caratteristica: vi si mischiano elementi della religiosità popolare, leggende e antiche tradizioni.
Durante la settimana di festeggiamenti vengono organizzate anche manifestazioni culturali.

Sagra del mandorlo in fiore

È a febbraio e dura una settimana, durante la quale gruppi folkloristici di tutto il mondo si alternano nel dare spettacolo. È una grande festa che celebra l’anticipo di primavera offerto dalla fioritura precoce dei mandorli, un miracolo della dolcezza del clima agrigentino.